Venticinque anni, un percorso di passione e studio fra arte contemporanea, estetica, cinema e filosofia, frequentando la lettura e la scrittura come dimensione di indagine teorica, già tra le aule dell’Accademia di Belle Arti di Roma. La direzione è presto chiara per Giulia Giambrone, che nel 2017 si mette in tasca una laurea in Didattica e Comunicazione dell’Arte, con una tesi in Estetica messa a punto insieme al Professor Massimo Carboni. Tra i suoi amori, scrive, ci sono “Dostoevskij, Ingmar Bergman e il pianoforte”. E c’è senz’altro anche Luigi Ontani, tra i maggiori artisti italiani contemporanei, a cui quella tesi fu dedicata. Un lavoro accurato che oggi è diventato un libro, pubblicato da Alpes Italia: “Luigi Ontani in teoria. Filosofia, estetica, psicoanalisi nell’opera e nell’artista” (2019) viene presentato in Aula Magna, giovedì 9 maggio, alle ore 17.30, in presenza dell’autrice, dell’artista e dei docenti Massimo Carboni e Nicoletta Agostini.
Nelle 100 pagine messe insieme da Giambrone – tanto dense di riferimenti filosofici puntuali, quanto godibili nella struttura analitica chiara e nello slancio autentico della prosa – l’avventura visionaria di Ontani viene esplorata in tutte le sue pieghe, attraverso un esercizio di riflessione critico-filosofica utile a decodificarne segni, figure, codici, metafore, rituali, linee del tempo e dello spazio. La vicenda identitaria, tra poetica della maschera e architettura dei tableaux vivants, nel mix di performance, scultura, teatro e fotografia, dischiude così tutto il suo senso e la sua ricchezza. E la scrittura, nel lavoro della giovanissima autrice, è metodo di interpretazione profonda, un viaggio nel segno dello sguardo, del pensiero, della parola: dalla pratica dell’arte, condotta da un grande maestro in cinquat’anni di carriera, all’apertura teorica che ne deriva, là dove l’immagine si fa luogo illuminante di rivelazione, genesi, metamofosi e incarnazione.
Il saggio affronta il tema della dimensione spaziale nella ricerca di Ontani, in quanto misura e dismisura di un Altrove perseguito fisicamente e concettualmente, quello dell’infinita stratificazione dell’Io e dell’ossessione del travestimento, quello del rapporto estetico ed esistenziale tra l’Io e l’Altro, e infine quello dell’ornamento, con la sua (desueta) funziona decorativa recuperata in relazione a una Mitologia del Soggetto non separabile da una complicità strutturale con l’Oggetto. Il corpo di Ontani si rivela così in quanto teatro di una narrazione molteplice, inquieta, plurale, partecipata, offerta alla comunità tramite il rito, precipitata nell’eros dell’immagine e della forma, definita nel culto narcisistico e nel suo contrario, nell’appartenenza a sé e nella distanza, nel proliferare dei simboli e nella loro messa in scena sempre nuova.
“Nell’epoca della tirannia dell’immagine – spiega Giambrone – torna il bisogno di riportare alla luce l’elemento teorico, soprattutto nei confronti dell’opera d’arte. Essa prova la reversibilità tra immagine e teoria: il pensiero complesso si scioglie nella semplicità immanente dell’immagine che è quindi, per eccellenza, il luogo dove la teoria dimora”. Una prospettiva lucida, che è una precisa dichiarazione d’intenti e anche il sintomo di un’urgenza storica, forse riscontrabile con rinnovato vigore nelle più giovani generazioni: cosa fare della slavina d’immagini che travolge il quotidiano nell’era del simulacro, dell’arretramento del reale, della comunicazione virtuale? Quale spessore e densità riassegnare all’immagine stessa, dinanzi al suo progressivo svuotamento e alla mutazione radicale vissuta dai dispositivi della visione? La necessità di costruire un destino nuovo per lo sguardo collettivo e per il suo referente fisico o immateriale è un fatto dinanzi a cui interrogarsi con responsabilità, in senso trasversale. Una faccenda filosofica, innanzitutto. Che nell’incontro con la pratica dell’arte conquista un’evidenza, un’energia e una specificità di straordinaria efficacia.
– Helga Marsala