La nostra vita ormai si avvale di mille comodità di ogni genere, a cui spesso non prestiamo neanche attenzione. Il benessere si identifica con le tecnologie che promettono di facilitare l’esistenza. Non si tratta certo di rigettarle in blocco, ma di interrogarsi sulla vera e propria « frattura antropologica » che hanno creato, soprattutto con l’avvento delle ipertecnologie : la nascita di un « homo comfort », presentato come il frutto di secoli di progresso e di crescita economica. In compenso della liberazione da una parte del dolore e della fatica tradizionali, ci siamo resi dipendenti da una tecnologia onnipresente di cui abbiamo scarsa cognizione, perdendo molte facoltà sensoriali e abilità conoscitive. Ci siamo allontanati talmente tanto da un’esperienza diretta del mondo che spesso paghiamo per ritrovarla momentaneamente. Ma l’anelito insaziabile di agio ha delle ripercussioni politiche e sociali raramente prese in considerazione. Contribuisce pesantemente al consenso sociale e ci impedisce spesso di attraversare l’esperienza sensibile delle devastazioni che la società industriale comporta. Ma abbiamo ancora delle facoltà per fare fronte ai disastri che si annunciano?
Stefano Boni insegna Antropologia sociale e Antropologia politica presso le università di Modena e Reggio Emilia. E’ l’autore di Homo comfort (Eleuthera 2014, nuova edizione 2019) e di numerosi altri saggi.
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